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Cop21. La sfida di Parigi

Scritto da Lorenzo Barbuti – Responsabile marketing | 27/07/16 14.58

Nicholas Stern (*) da Repubblica.it

Questo dovrà essere l'anno della svolta per due fondamentali sfide del nostro secolo: la lotta ai cambiamenti climatici e il contrasto alla povertàL'accordo di due mesi fa all'Onu sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile deve fare da apripista per un impegno globale che migliori la qualità della vita e il benessere economico di tutti, soprattutto nei paesi più poveri, mentre tra pochi giorni i governi di tutto il mondo si riuniranno a Parigi per la COP21, il summit delle Nazioni Unite che punta a un nuovo accordo internazionale sul clima.

La maggior parte dei paesi ha già annunciato il modo in cui intende ridurre le proprie emissioni annue di gas serra alla scadenza degli impegni presi per il 2020. Pur rappresentando un passo avanti rispetto allo status quo, il taglio delle emissioni annunciato per il post-2020 è tuttavia inferiore a quanto sarebbe necessario per avere ragionevoli possibilità di successo contro le conseguenze dei cambiamenti climatici. In base agli impegni assunti, nel 2030 avremo 55-60 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente all'anno a livello globale, contro i 68 miliardi di tonnellate altrimenti previsti. Ma se volessimo garantirci più del 50 per cento di possibilità di contenere l'aumento delle temperature al di sotto di 2°C rispetto all'era preindustriale, le emissioni non dovrebbero superare la soglia di 40 miliardi di tonnellate.

È quindi fondamentale che il vertice di Parigi non rimanga un momento isolato, ma rappresenti l'avvio di un percorso, in cui i paesi riflettano sugli impegni presi e si diano obiettivi più ambiziosi nel lungo termine.  I paesi di tutto il mondo dovrebbero riconoscere la portata e l'urgenza del cambiamento che si rende necessario. La transizione a un modello di crescita a basso tenore di carbonio è possibile e allettante, ma richiede sin d'ora cospicui investimenti e decisioni cruciali sull'urbanistica, i sistemi energetici e il consumo del suolo. Sono necessari 90 trilioni di dollari da investire in infrastrutture, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e nelle economie emergenti, ma occorrerà impegnare queste risorse in maniera oculata per ottenere, come afferma il rapporto della Commissione Globale sull'Economia e il Clima del settembre 2014, 'migliore crescita e miglior clima'.

Un messaggio fondamentale che proviene da questo rapporto è che l'impegno per uno sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici non sono tra loro in competizione, ma si rafforzano a vicenda. Sarebbe pertanto opportuno integrare i finanziamenti per lo sviluppo sostenibile concordati quest'anno ad Addis Abeba con i 100 miliardi di dollari all'anno che i paesi ricchi si sono impegnati a destinare fino al 2020 a sostegno di quelli in via di sviluppo. Aiutarli ad approdare a un'economia a basso tenore di carbonio e a resistere all'impatto dei cambiamenti climatici è il nostro obiettivo. È importante, inoltre, che a Parigi si creai la fiducia necessaria ad essere più ambiziosi, che si traduca in più fondi per ricerca, sviluppo e innovazione.  Ma la fiducia dipende anche da come i paesi più ricchi, tra cui Italia e Regno Unito, saranno in grado didare l'esempio attraverso politiche virtuose e risultati concreti, non solo a livello nazionale e internazionale, ma anche a livello locale.

L'esito positivo della COP21 dipenderà non solo dai ministri dell'ambiente, ma anche dai capi di stato e di governo e dai ministri delle finanze. Solo così a Parigi si potrà segnare la svolta decisiva per affrontare le due più grandi sfide di questo secolo: gestire i rischi legati ai cambiamenti climatici e sconfiggere la povertà.

(*) Lord Nicholas Stern è un economista e accademico inglese, autore del Rapporto Stern sui cambiamenti climatici pubblicato nell'ottobre del 2006.

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